La sfera e l’ovale
Di Schiocchet Tiziano
Alessandro Tarantola editore
Anno 2013
€ 10.00
Dall’introduzione del libro :
Presente! Il primo appello è sempre emozionante. A mano a mano che scalano i nomi e si sente l’avvicinarsi del proprio, il cuore si prepara ad uscire dal petto e quando giunge il momento di rispondere, tutta la timidezza trattenuta dentro esplode attraverso la voce e le parole: presente!
È così il primo giorno di scuola. Il primo giorno da militare. Tutte le prime volte della vita
Questa volta siamo all’appello numero due, ma l’emozione è ancora forte e pulsante. Lo stile forse è diverso, forse più maturo, raffinato in senso “alchemico”, come quando al secondo giro degli alambicchi la pozione diventava più pura e più vicina alla materia sottile.
La storia, infatti, è composita, come il gusto di una grappa ben distillata si lascia girare in bocca senza grattare da nessuna parte, ma andandoti alla testa per un po’. Lo spunto è nuovo, ma non introvabile: è una storia genuina, tirata su con la pazienza e l’amorevolezza che può avere solo un agricoltore per il suo orticello. Il racconto è schietto e apre un abisso tra opere ad alta tiratura di scrittori navigati e romanzi di autodidatti entusiasti.
Questo ha il sapore del prodotto dell’orto: molto meglio del bio. Un tentativo di far superare ai bellunesi l’antico senso di inferiorità verso la pianura.
Perché come un Giovannino Guareschi ha fatto amare a tutta l’Italia personaggi come Peppone e don Camillo, che parlavano il dialetto emiliano, così il montanaro allunga il telescopio dalle sue cime e con una prospettiva tutta nostra, da belumat, ci descrive una realtà possibile – o probabile – che arriva fino a Pantelleria. Descrivendo problemi sociali e familiari, malesseri personali, malattie dell’anima, gioie sconfinate fatte da una somma di piccole quotidianità piacevoli. Guareschi, quando dipingeva i suoi personaggi e li faceva muovere tra i campi “della bassa”, parlava di biolche e non di ettari: la biolca è la superficie di terreno che si stimava di poter arare in una giornata di lavoro con un aratro trainato dai buoi.
Salendo in quota, in montagna, dove è più difficile lavorare, la biolca cambia e diventa più piccola che in pianura.
Ma non è un errore questo: lo è solo se lo parametriamo agli standard di misura imposti. In questo senso il racconto diventa un “raffiguratore” della misura delle cose che abbiamo noi montanari.
Dalle nostre parti e nei tornanti del racconto, la realtà si dispiega non secondo i soliti schemi, ma secondo la visione semplice di chi si alza alla mattina. E decide quello che farà a seconda della faccia che ha la montagna, quel giorno, davanti alla sua finestra.
Grazie